Lentisco (Sa Kessa)
Ciò che forse caratterizza di più la macchia mediterranea è il lentisco che frequentemente ricopre le colline della Sardegna specialmente nelle zone con clima mite o vicine alla costa, esse sono infestate sino a formare una macchia quasi impenetrabile che fa dannare escursionisti e cacciatori.
Il lentisco [lentischio] è generalmente un arbusto anche se con l’età o l’influenza di microclimi può modificare il suo portamento, sino a diventare arboreo.
Nella dolina di Tiscali esso, come anche alcuni terebinti (suoi stretti parenti), ha privilegiato lo sviluppo e l’ingrossamento di un unico fusto al contrario dei cespugli, grazie al quale si stima un’età plurisecolare delle piante.
Nel comune di Luras, in località Li Espe, non lontano dal lago del Liscia si osservano due alberi di lentisco millenari con una circonferenza di circa 5 metri e 9 metri di altezza.
Annoverato alla famiglia delle Anacaardiaceae, con il nome scientifico di Pistacia lentiscus, è curiosamente un parente dell’anacardo, del pistacchio e del mango appartenenti allo stesso insieme. La famiglia è caratterizzata da fiori di dimensione molto ridotta dei quali si distinguono 5 petali anche a occhio nudo.
Il frutto del lentischio è una piccola pallina rossa o nera, da molti volgarmente chiamato bacca in realtà si tratta di una drupa. La differenza tra le due sta nella loro parte interna che nelle bacche come i mirtilli, l’uva, il pomodoro, è succosa ed in essa sono immersi i semi, nelle drupe invece il seme è racchiuso in una sorta di corazza, dura e legnosa come per la pesca il mango o il pistacchio. Osservatori poco attenti potrebbero non notare che le foglie mancano di picciolo ciò in questo caso, si spiega con il fatto che le piccole foglioline della pianta, non sono in realtà singole foglie, ma solo nel loro insieme, ne fanno una unica e completa. Essa è detta foglia composta è ripartita in 8 10 segmenti (le piccole “foglioline”).
In lingua sarda la pianta è conosciuta con vari nomi Chessa, Moddizzi, o listincu, da cui la dicitura “ozu listincanu” in italiano olio di lentischio. Questa è infatti una delle due più famose produzioni della pianta assieme al mastice di Chios.
L’olio di lentisco tipico delle regioni: Sulcis, Baronia, Ogliastra e Gallura nelle quali la pianta cresce abbondante, non era appannaggio dei ricchi che potevano permettersi l’olio d’oliva ma ad uso dei più poveri, l’olio d’oliva venne adottato solo in seguito da entrambi i ceti, il grasso fornito dai frutti dell’arbusto venne abbandonato, per le sue basse rese. In alcune zone della sardegna l’estrazione dell’olio dal lentichio forse non venne mai praticata, perché era stato iniziato e portato avanti l’allevamento dell’olivastro in alcuni casi sin dall’età nuragica.
L’olio di lentischio viene oggi impiegato in erboristeria e nell’alta cucina per il suo aroma intenso.
Ha la caratteristica di contenere un ridotto quantitativo di grassi saturi, causa di problematiche cardio-vascolari, è ricco di grassi mono e polinsaturi, che aiutano a controllare i valori del colesterolo. Si pensa possa essere sia un valido alleato nel prevenire la formazione di tumori, curare le dermatiti, le ustioni e le punture da insetto, può essere utile internamente anche contro le gastriti, le ulcere e problemi intestinali.
Dalla resina del lentisco si estrae il mastice con altrettante proprietà come l’olio, la cui principale produttrice è l’isola di Chio; che nonostante grosse esportazioni non riesce a soddisfare le richieste all’estero.
Piante spesso dimenticate, o che giudichiamo poco utili e interessanti a prima vista, se non addiritura, infestanti e fastidiose, quali il lentisco, in realtà spesso si rivelano tutto il contrario di quello per cui appaiono. Potrebbero forse rappresentare una valida occasione di lavoro o di sviluppo socio-economico?
Tremene